Il quinto principio di Paul Williams (2014)

Il quinto principio (2014) è il primo volume di una trilogia che Paul Williams ha scritto per raccontare al grande pubblico la storia della sua infanzia difficile, attraverso gli occhi dell’adulto che è oggi e dello psicanalista che lavora ogni giorno co i suoi pazienti vittime di trauma.
La sua opera non è solo coraggiosa, ma permette di accedere al mondo del trauma da una doppia prospettiva, sempre presente nella narrazione: quella della vittima che ha dovuto affrontare un’infanzia terrifica e piena di dolore, quella dell’adulto che ha superato e messo insieme i pezzi del suo passato senza dimenticare se stesso e i suoi pensieri di bambino.
Il testo è fondamentale non solo per tutti gli operatori che si trovano a lavorare con vittime di traumatizzazione cronica, ma utile a tutte le persone che hanno vissuto nella loro infanzia situazioni di grave maltrattamento, affrontando da piccolissimi una lotta che le parole di Paul Williams riescono a descrivere con profondità, attenzione e grande dignità.
 
 
Per leggere la Recensione completa:

Il quinto principio di Paul Williams (2014) – Recensione del libro

Feccia (2017) di Paul Williams – Recensione del libro


 

Integrare in Psicoterapia!

Da molti anni conosciamo ormai gli effetti del trauma psicologico e della traumatizzazione cronica sullo sviluppo cognitivo ed emotivo degli individui, ma la sfida nella cura e nella ricerca di metodi sempre più efficaci resta sempre attiva e centrale per clinici di tutto il mondo che si occupano di trauma, trauma complesso e disturbi dissociativi.
Un grande contributo è stato dato negli ultimi 10 anni da Ruth Lanius, psichiatra e responsabile dell’unità di ricerca sul PTSD dell’Universita’ del Western Ontario, che ha raccolto dati di ricerca ed epidemiologici che hanno aiutato la cultura del trauma e che hanno aperto la possibilità di discutere i questo tema in ambito accademico e di ricerca.
L’interesse delle comunità scientifiche di tutto il mondo è fluttuante e soggetto alle mode e agli interessi di chi finanzia le ricerche, ma ciclicamente torna l’interesse sul tema ed è importante offrire informazioni e indicazioni cliniche offerte da fonti attendibili e certificate.
La dolorosa frammentazione interna che vivono pazienti traumatizzati, necessità di un lavoro clinico su più livelli: corporeo, sensoriale, emotivo, cognitivo e fisiologico. Solo la conoscenza della neurofisiologia e di una buon modello della mente, può aiutare nella comprensione di situazioni così complesse e aiutare a trovare le chiavi per intervenire e promuovere un cambiamento verso la guarigione.
Ho avuto il piacere di incontrare e intervistare la Dott.ssa Lanius, dunque per chi è interessato lascio alle sue parole la descrizione del panorama scientifico attuale:

Curare il sé traumatizzato: il contributo di Ruth Lanius

La cura del Sé traumatizzato – Intervista a Ruth Lanius


Trauma e corpo: Bessel Van der Kolk

“Troppo spesso né il paziente né il terapeuta

riconoscono la connessione tra il problema attuale

e la storia di un trauma cronico.”

Judith Herman (1992, p.23)

 
Di recente uscita in Italia il volume di Bessel Van der Kolk “Il corpo accusa il colpo” (Raffaello Cortina Editore, 2015), summa di tutta l’esperienza umana, clinica e di ricercatore di uno dei massimi esperti del trauma nel mondo. Il libro è una interessantissima rassegna della vita professionale di van der Kolk, che traccia l’evoluzione della cultura del trauma negli ultimi 30 anni insieme al progresso delle scoperte neuroscientifiche che ormai offrono una mappa sempre più chiara del funzionamento del cervello, del corpo e della mente di persone vittime di traumi gravi o traumatizzazione cronica
“Il corpo accusa il colpo ” è un libro per tutti, cinici, ricercatori, pazienti e lettori curiosi di approfondire questi tempi. Le storie raccontate e i riferimenti scientifici aiutano a cogliere un panorama ampio e multidisciplinare che rende il libro utile a diverse discipline: dalla psicoterapia allo yoga, dalla fenomenologia al teatro, dalle neuroscienze alla fisioterapia.
Il cuore delle considerazioni di Van der Kolk riguarda l’osservazione dei cambiamenti che il trauma produce nel sistema mente-corpo su diversi livelli di elaborazione che vanno tutti affrontati in psicoterapia e con diversi strumenti terapeutici. In particolare evidenzia l’importanza di conoscere la struttura gerarchica delle risposte difensive alla minaccia di vita e al pericolo, poiché queste risposte – che sono normali e adattive nel corso del trauma – tendono a restare attive in modo disfunzionale oltre il necessario, generando sintomi psicopatologici di allerta, ipervigilanza, numbing o dissociazione anche molto tempo dopo il trauma. Queste risposte afferiscono a strutture sottocorticali (sistema limbico e sistema “rettiliano” del tronco dell’encefalo) che regolano le emozioni in modo automatico e al di sotto del controllo consapevole e cosciente della corteccia prefrontale e delle cortecce superiori; questo significa che agiscono soprattutto sul corpo provocando reazioni fisiologiche e reazioni comportamentali coerenti con la percezione del pericolo (o meglio Neurocezione) che il sistema emotivo percepisce nell’ambiente. In pazienti traumatizzati che vivono uno stato di allerta continuo verso l’ambiente circostante e che vivono un pervasivo senso di pericolo, imprevedibilità e vulnerabilità personale, questo sistema sarà sempre attivo e sarà il primo “sistema” su cui lavorare in psicoterapia.
Solo dopo aver stabilizzato il sistema difensivo attraverso una maggiore consapevolezza e regolazione dei segnali del corpo, sarà possibile accedere all’elaborazione delle emozioni, dei vissuti, dei pensieri e infine delle memorie che condizionano le scelte e il futuro delle persone vittime di trauma. Lavorare subito e solo sul piano dei pensieri e delle interpretazioni che le persone hanno fatto delle esperienze traumatiche, può portare a sviluppare una narrazione non integrata degli eventi, che rischia cioè di essere frutto di un processo di mera razionalizzazione scollegata dal piano emotivo e dal corpo. Questo espone ad una ulteriore dissociazione all’interno della mente: una ragione in grado di raccontare i fatti, un corpo reattivo e terrorizzato che continuerà a produrre sintomi di ansia, depressivi o dissociativi legati alle risposte di allerta non incluse nel processo di  cura.
Recuperare una narrazione integrata e “incarnata” (embodied) è l’obiettivo di un lavoro terapeutico efficace sul trauma, che aiuta a recuperare risorse di resilienza e una nuova base per ripartire verso il futuro con un cervello, un corpo e una mente saldamente sintonizzate tra loro e ancorate al presente che li circonda.
Di seguito un mio articolo pubblicato su State of Mind che racconta dell’ultimo workshop del Dott. Van der Kolk a Milano (Gennaio 2016):

Trauma: il corpo accusa il colpo! – Workshop di Van Der Kolk a Milano, Gennaio 2016


 
Bibliografia:
Van der Kolk, B. (2015). Il corpo accusa il colpo. Raffaello Cortina Editore