Il trattamento delle sindromi trauma-correlate pone molte sfide terapeutiche e difficoltà legate proprio alle caratteristiche peculiari di questi disturbi.

Il nucleo centrale dei disturbi post-traumatici è costituito infatti dalla loro componente dissociative, dalla “non realizzazione”, quella difficoltà/fobia/ resistenza a “rendersi conto”, in toto o parzialmente, che le storie traumatiche, gli abusi, i maltrattamenti e la trascuratezza emotiva subiti siano effettivamente accaduti e/o che costituiscano la causa delle proprie difficoltà nella vita quotidiana o dei sintomi psicopatologici.

Tale meccanismo dissociativo è, almeno all’inizio, protettivo e permette alla persona di salvare aspetti di sé e di proteggersi dal pericolo prima e poi dal dolore, ma al contempo costituisce il meccanismo principale di mantenimento della dissociazione stessa e della frammentazione dell’identità: per tale motivo il meccanismo di mantenimento della non realizzazione rispetto agli eventi traumatici avvenuti risulta sul medio-lungo periodo molto costoso in termini personali (psicofisici, relazionali, lavorativi, esistenziali, spirituali).

Come procedere verso la guarigione?

La difficoltà a realizzare la propria storia è quindi al centro del processo terapeutico, poiché la guarigione necessita di una graduale presa di coscienza di quello che è accaduto, per riuscire a tollerare, dare un senso e successivamente integrare gli eventi traumatici nella propria storia di vita, senza dover rinunciare a parti di sé o a intere parti della propria vita. L’identità e la stabilità affettiva si nutrono di una sufficiente consapevolezza di sé e della propria storia individuale: l’obiettivo principale dei percorsi di cura del trauma è quindi quello di stare con la persona incoraggiandola lungo il viaggio della piena realizzazione e integrazione, attraverso un approccio graduale e rispettoso delle paure, delle fobie, della risorse e delle resistenze individuali.

La trasformazione può avvenire solo in un contesto terapeutico di sicurezza che aiuti la persona traumatizzata a sbloccare le emozioni del passato e a sviluppare energia e risorse per il futuro. Pierre Janet (1989/1911), padre della moderna Psicotraumatologia, fu il primo a suggerire la necessità di un trattamento suddiviso in fasi per costruire gradualmente la capacità integrativa del paziente. Da allora questo modello è rimasto lo standard di cura per il Disturbo da Stress Post Traumatico Complesso e dei Disturbi Dissociativi.

Gli step del modello trifasico si sintetizzano in:

FASE I: STABILIZZAZIONE. La prima fase del trattamento comporta la creazione di sicurezza interna ed esterna, la riduzione dei sintomi, lo sviluppo di competenze e la stabilizzazione del funzionamento nella vita quotidiana, delle relazioni e della cura di sé. É importante in questa fase rinforzare la capacità di restare orientati nel presente, per non essere sopraffatti dai ricordi traumatici.

FASE II: ELABORAZIONE DEI RICORDI TRAUMATICI. Gli obiettivi di questa fase sono molteplici e complessi, poiché la persona può mostrare diversi gradi di realizzazione verso diversi ricordi traumatici oppure alcune parti dissociative possono conservare aspetti differenti degli stessi ricordi e non essere in grado di accettare gli eventi nel loro insieme. In questa fase il lavoro procederà molto gradualmente nell’affrontare i ricordi del passato, rispettando ciò che la persona riesce di volta in volta a tollerare. Le fobie verso alcuni aspetti dei ricordi possono essere più intense in questa fase e vanno affrontate in terapia stimolando la cooperazione e il dialogo interno. Sarà importante in questa riconoscere i legami ma anche la distanza del passato traumatico rispetto alla vita quotidiana.

FASE III: INTEGRAZIONE DELLA PERSONALITÀ E RIABILITAZIONE. Questa fase permette il consolidamento delle risorse e delle realizzazioni che la persona è riuscita ad affrontare nelle fasi precedenti. L’inevitabile lutto verso aspetti del passato che non possono essere più modificati apre in questa fase la strada al futuro e al recupero di una identità piena e vitale che può sostenere al meglio le sfide della vita quotidiana. Spesso la paura delle emozioni positive è parte di questa fase del processo terapeutico, per molte persona infatti sperimentare libertà e una rinnovata possibilità di esplorazione può suscitare in prima istanza emozioni negative, che vanno affrontate in terapia come aspetti normali di una nuova fase di adattamento.

Ogni situazione clinica è differente e va valutata con accuratezza nelle fasi iniziali e durante tutto il percorso. Il processo terapeutico segue questa cornice generale di lavoro, ma deve prevedere anche la possibilità di transitare tra una fase e l’altra secondo un andamento a spirale in cui alcune fasi di elaborazione possono essere anticipate in fase I, mentre alcuni interventi di stabilizzazione possono continuare ad essere necessari in Fase II e III.

É indispensabile conoscere questo modello e sapersi muovere in modo flessibile, mantenendo obiettivi terapeutici chiari, trasparenti e comprensibili ai pazienti. L’elemento cruciale è l’attenzione costante alle risorse e alle capacità di regolazione emotiva, insieme al grado di realizzazione che la persona riesce a tollerare. Molti strumenti clinici e tecniche terapeutiche trauma oriented (Ad es: EMDR, Psicoterapia Sensomotoria, Somatic Experiencing, Accelerated Experiential Dynamic Psychotherapy, Internal Family Systems, Neurofeedback, Narrative Exposure Therapy) presenti nel panorama scientifico permettono oggi di scegliere terapeuti specializzati in psicotraumatologia ed esperti nel trattamento di queste sindromi. 55 di 85 Per tutti la cornice teorica del Modello Trifasico offre la base fondamentale su cui strutturare ogni intervento clinico ed è garanzia di un processo terapeutico sicuro e in grado di offrire comprensione e sollievo alla sofferenza.

Per un approfondimento completo del modello: Kathy Steele, Suzette Boon, Onno van der Hart (2017) “La cura della dissociazione traumatica. Un approccio pratico e integrativo.” Edizioni Mimesis, Milano.