Stress Post Traumatico e Disturbo Ossessivo: un caso clinico

Un recente studio olandese (Nijdam et al, 2013) descrive il caso di un paziente con diagnosi di disturbo ossessivo compulsivo (DOC) ad insorgenza post traumatica; la diagnosi e le prospettive di lavoro cambiano radicalmente quando i sintomi sono reattivi ad eventi traumatici e un trattamento che ne tenga conto è più sicuro e più efficace per la remissione totale dei sintomi.

Sia nel disturbo ossessivo che nel disturbo post-traumatico c’è una tendenza al controllo, che può manifestarsi nel primo caso con rituali compulsivi e nel secondo con evitamento delle situazioni temute o con uno stato di ipervigilanza sull’ambiente. In una quadro traumatico complesso in cui si manifestano entrambe le sintomatologie, il DOC potrebbe avere la funzione adattiva di “regolare le emozioni negative” legate al trauma, cioè di ridurne l’intensità, attraverso l’uso di rituali che sono completamente sotto controllo della persona e che aiutano la mente a focalizzarsi nel presente, inibendo l’attivazione delle intrusioni e dei ricordi traumatici.
Come sempre la mente si adatta al meglio che può, è importante capire questi meccanismi di adattamento e “disinnescarli” nel presente.
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Come curare le ossessioni?

Un volta identificata la presenza di “ossessioni patologiche” (vedi contributo: Come riconoscere quando le ossessioni diventano patologiche?), è necessario rivolgersi ad uno specialista per verificare che la diagnosi sia corretta e scegliere di sottoporsi ad un trattamento specifico. In alcuni casi è consigliabile accompagnare  il percorso psicologico con un trattamento farmacologico (in genere antidepressivi SSRI).

L’indagine sul sintomo e su come si è sviluppato e mantenuto negli anni è la base da cui partire per un buona trattamento terapeutico. Come per molti gli altri disturbi d’ansia, i primi aspetti da indagare e chiarire sono:

  • la prima volta che sono comparsi pensieri intrusivi o compulsioni (esordio);
  • le situazioni, i pensieri e le emozioni legate a quel momento;
  • indagare gli elementi che hanno favorito l’insorgere della sintomatologia nel periodo precedente l’esordio: stress sul lavoro, conflitti familiari, malattia, lutti (fattori di scompenso);
  • indagare i fattori che contribuiscono oggi a mantenere vivi i sintomi riferiti (fattori di mantenimento).

La TCC offre numerosi protocolli che permettono, a questo punto, di costruire un percorso di cura che tenga conto di tutti gli aspetti analizzati e del ruolo che i sintomi hanno nella vita della persona. L’Esposizione con Prevenzione della Risposta (E/RP) è un intervento di dimostrata efficacia per il trattamento dei disturbi d’ansia, in particolare per il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) e per il Disturbo di Panico: questo metodo è in grado di produrre una riduzione stabile dei sintomi anche dopo anni dalla fine del trattamento e il cambiamento sintomatologico non si risolve semplicemente in uno spostamento del sintomi ma esita in un  cambiamento esteso e stabile (Lakatos e Reinecker, 1999). Il principio guida di questo metodo è quello dell’abituazione, che potremmo definire come “un decremento della risposta (emotiva e fisiologica) dovuto a stimolazione (esposizione) ripetuta”.

In soldoni: qualunque stimolo che sia percepito da noi come minaccioso e/o disgustoso (es: il lavandino sporco, la scrivania in disordine, un gatto nero che ci attraversa la strada) provoca in genere un’intensa risposta fisiologica, emotiva e mentale ogni volta che ci viene presentato; questa risposta sarà sempre la stessa e produrrà tendenzialmente la medesima reazione comportamentale: fuga o comportamento “di annullamento” (compulsione)!

Quando invece siamo “costretti” da circostanze particolari di vita (o da un trattamento psicologico) ad esporci a quello stesso stimolo – temuto e/o disgustoso – più volte al giorno e per un certo periodo di tempo, lentamente la nostra risposta – fisiologica, emotiva e mentale – allo stimolo diventerà meno intensa e sempre meno disturbante (estinzione della risposta). Solo a questo punto il nostro comportamento può finalmente cambiare!

Questa la cornice teorica generale. Nella pratica clinica il trattamento va condiviso passo per passo, attraverso l’utilizzo di esposizioni graduali e guidate, che possano lentamente accompagnare la persona affetta da DOC attraverso tutte le fasi successive della terapia:

confrontarsi con le situazioni che ATTIVANO le ossessioni e le compulsioni (“rituali di annullamento”)

ridurre lentamente le compulsioni, con strategie alternative che aiutino a tollerare le sensazioni sgradevoli

– valutare, attraverso l’esperienza e il confronto nel dialogo clinico, l’effettiva veridicità e fondatezza di alcune convinzioni su cui si basano le proprie ossessioni ricorrenti. Le più comuni riguardano: fusione pensiero-azione (“Se penso che potrei prender un coltello e ferire qualcuno, allora vuol dire che potrei realmente farlo!”),  eccessivo senso di responsabilità personale (“Magari ho investito qualcuno con l’auto senza accorgermi e allora devo tornare indietro a controllare”), inaccettabilità che alcuni pensieri possano procurare ansia (“Non ho il controllo di questi pensieri, quindi sono pericolosi!”), difficoltà a tollerare gradi di incertezza inferiori al 100% (“come faccio ad essere sicuro che non andrò all’inferno?“), pensiero magico o superstizioso (“un gatto nero che arriva da sinistra porta male! (da destra no).”).

riscoprire il piacere in altre attività.

Ingredienti fondamentali di questo trattamento sono pazienza e tenacia nel voler combattere i rituali che spesso da lungo tempo accompagnano la vita quotidiana e che sono ormai in grado di dare sufficiente conforto e rassicurazione nei momenti di difficoltà, ma che, ormai lo sappiamo!, tolgono tempo e risorse alla vita..



Come riconoscere quando le ossessioni diventano patologiche?

Ogni giorno può capitare a tutti di essere preda di pensieri ripetitivi e negativi, che provocano  improvvise sensazioni di disagio e malessere. Spesso si tratta di stati passeggeri, altre volte di sensazioni che durano più a lungo..ma di cui prima o poi riusciamo a liberarci. Cosa succede quando questi pensieri si “stampano” nella nostra mente, senza possibilità di essere modificati, né momentaneamente soppressi? Probabilmente prenderanno una parte significativa delle nostre risorse attentive, fino a farci pensare che non riusciremo mai a fermare questo flusso di pensieri. A volte il contenuto di questi pensieri può riguardare l’affitto del prossimo mese, un esame medico, la ricerca di un lavoro..tutte preoccupazioni che in modo legittimo prendono spazio nella nostra vita quotidiana. Tuttavia vi sono altri pensieri, altrettanto normali e legittimi seppur irrazionali e sproporzionati rispetto alla realtà, che possono assumere caratteristiche molto “bizzarre” tali di non farceli riconoscere come normali. Vi è mai capitato di essere assaliti da un dubbio improvviso di avere lasciato il gas dei fornelli aperto dopo qualche ora che siete lontani da casa, oppure di aver dimenticato di spegnere la stufa o di chiudere l’automobile, o ancora di aver investito qualcuno o rubato nel supermercato senza esservene accorti, di aver fatto qualcosa di orribilmente sbagliato senza sapere cosa esattamente …? Bene, se avete provato una qualunque di queste sensazioni, avrete sicuramente sperimentato anche la loro naturale conseguenza: andare a controllare che il vostro terribile dubbio non corrispondesse alla realtà! Tutti questi pensieri vengono descritti nella letteratura scientifica come pensieri intrusivi indesiderati, presenti nell’esperienza della maggior parte delle persone e ritenuti sani. Come spesso accade ciò che trasforma un normale pensiero intrusivo, per quanto bizzarro esso sia, in una ossessione patologica non sta nel contenuto del pensiero ma nell’intensità, nella ripetitività e nella pervasività che quel pensiero assume nella nostra vita quotidiana. Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) descritto nel Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM-IV) è uno dei più comuni disturbi d’ansia caratterizzato dalla presenza di:

  • Ossessioni:  pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti, che vengono vissuti come intrusivi e inappropriati e che l’individuo cerca continuamente di ignorare o sopprimere senza tuttavia riuscirvi; sono causa di intenso disagio o ansia, pur essendo riconosciuti come un prodotto della propria mente e non un dato di realtà.
  • Compulsioni: comportamenti ripetitivi (es: lavarsi le mani, riordinare, ricontrollare, ..) o azioni mentali (es: pregare, contare, ripetere parole,..) che la persona si sente obbligata a mettere in atto in risposta ad un pensiero/ossessione o a regole che devono essere messe in atto rigidamente, senza un precisa logica razionale; lo scopo di questi comportamenti è quello di ridurre il disagio percepito o di prevenire eventi o situazioni temute.

NB: Le ossesioni o le compulsioni, in condizioni patologiche, causano disagio marcato, occupano più di un’ora al giorno o comunque interferiscono significativamente con le normali abitudini della persona, con il funzionamento lavorativo, o con le attività relazionali e sociali abituali. Nonostante la gravità dei sintomi e dei vissuti personali, questo disturbo d’ansia può a oggi essere trattato grazie alla combinazione di un adeguato trattamento farmacologico e psicoterapia cognitivo-comportamentale: l’obiettivo a lungo termine sarà di migliorare le capacità di identificare le emozioni negative legate sia alle ossessioni che ai comportamenti di controllo, che ne sono diretta conseguenza. Ciò che rende le compulsioni così difficili da trattare è proprio l’assenza di un legame più consapevole con le emozioni che le hanno generate! Un altro aspetto sistematicamente ignorato da chi soffre del disturbo è il “costo” delle azioni di controllo: il tempo dedicato ad una singola azione (es: controllare il gas, le chiavi,..), per prevenire un danno seppur drammatico, non sembrerà mai  troppo se non viene sommato al tempo di tutte le altre singole azioni che vengono messe in atto per prevenire quello stesso tragico evento! Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo può colpire chiunque e a qualunque età, in presenza di particolari eventi di vita stressanti, che mettono in gioco le capacità di riconoscere e sentire le emozioni negative ad essi legate. Può avere caratteristiche lievi e tollerabili oppure molto invalidanti e portare al progressivo isolamento sociale, se non curato in tempo. L’abitudine a riconoscere le emozioni, ad esprimerle e condividerle con gli altri possono essere validi fattori protettivi, che rendono cioè meno indispensabile l’uso di comportamenti ripetitivi e inefficaci, volti a neutralizzare un pensiero o un’immagine che ci sta disturbando. Difficile eliminare un pensiero, senza conoscere il vissuto emotivo che lo ha provocato!  Camilla Marzocchi Per ulteriori dettagli clicca qui: Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC)