Le reazioni biologiche alla paura

La paura è un’emozione funzionale e adattiva, presente in tutti gli animali e legata a meccanismi biologici ed evolutivi fondamentali. Si tratta di un’emozione che prepara all’azione, che ci dà un segnale che qualcosa di negativo sta per succedere e che ci aiuta ad identificare uno stimolo dell’ambiente come pericoloso per la nostra sopravvivenza. L’ansia negli essere umani è l’espressione di questa emozione e solo se esagerata, sproporzionata e protratta nel tempo può assumere caratteristiche psicopatologiche importanti. Oltre agli aspetti già citati nel precedente post (vedi: “Ho paura e basta: non so perché!”), un elemento importante è quello legato alle reazioni comportamentali istintive che la paura genera e di cui spesso non ci si riesce a spiegare la ragione.

Se qualcuno ha paura dei cani può capire l’esempio che segue: nonostante il saggio consiglio di non mostrare paura e di non scappare alla vista di un cane, per chi di voi ha paura sarà risultato davvero impossibile resistere alla tentazione di farlo..nonostante la probabilità enormemente più alta di essere rincorsi! Ecco spiegato il perché: le nostre reazioni alla paura non sono guidate dalla sola corteccia cerebrale, responsabile delle nostre scelte consapevoli, ma da un parte più antica e primitiva del cervello su cui fortunatamente non abbiamo alcun controllo e che agisce con estrema velocità nelle scelte per noi vitali: l’amigdala e il sistema limbico!

Queste aree cerebrali sono responsabili del buon funzionamento del nostro sistema di difesa e protezione dai pericoli e determinano le reazioni che comunemente esperiamo in presenza di stimoli che ci spaventano:

La prima si innesca quando lo stimolo che abbiamo davanti è percepito come “affrontabile” senza troppo rischio per la propria sopravvivenza, la seconda si attiva in situazioni che decisamente non conviene affrontare e in cui l’unica soluzione è la fuga, la terza è una fase di blocco dell’azione ed è in genere uno stato transitorio in cui c’è attivazione fisiologica di preparazione all’azione e consapevolezza dell’ambiente circostante, ma non si riesce a reagire e infine la quarta è lo svenimento che comporta un improvviso crollo del tono muscolare, della frequenza cardiaca e una momentanea perdita di coscienza. Quest’ultima particolarmente nota a chi ha una fobia per sangue e ferite!

Nell’uomo, che a differenza degli animali è dotato di coscienza, queste normali e biologiche reazioni comportamentali sono spesso oggetto di valutazione o talora di giudizio negativo soprattutto se lo stimolo a cui si reagisce non è considerato “degno” di attivare un’emozione di paura.

Fuggire da luoghi affollati, rimanere bloccati e inermi di fronte ad una violenza fisica, svenire durante un esame del sangue sono spesso considerati comportamenti imputabili ad una propria fragilità, incapacità o inadeguatezza … mentre spesso sono semplicemente il segnale che il nostro sistema limbico è perfettamente sano!

Il punto cruciale da analizzare in presenza di reazioni di questo tipo non è quindi giudicare o analizzare la reazione in sé, ma comprendere i motivi per cui uno stimolo che reputiamo “normale” venga percepito dalla nostra mente e dal nostro corpo come a tal punto pericoloso da generare in modo automatico e incontrollato la reazione del nostro sistema di difesa.

Il prezzo della coscienza!

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Come riconoscere quando le ossessioni diventano patologiche?

Ogni giorno può capitare a tutti di essere preda di pensieri ripetitivi e negativi, che provocano  improvvise sensazioni di disagio e malessere. Spesso si tratta di stati passeggeri, altre volte di sensazioni che durano più a lungo..ma di cui prima o poi riusciamo a liberarci. Cosa succede quando questi pensieri si “stampano” nella nostra mente, senza possibilità di essere modificati, né momentaneamente soppressi? Probabilmente prenderanno una parte significativa delle nostre risorse attentive, fino a farci pensare che non riusciremo mai a fermare questo flusso di pensieri. A volte il contenuto di questi pensieri può riguardare l’affitto del prossimo mese, un esame medico, la ricerca di un lavoro..tutte preoccupazioni che in modo legittimo prendono spazio nella nostra vita quotidiana. Tuttavia vi sono altri pensieri, altrettanto normali e legittimi seppur irrazionali e sproporzionati rispetto alla realtà, che possono assumere caratteristiche molto “bizzarre” tali di non farceli riconoscere come normali. Vi è mai capitato di essere assaliti da un dubbio improvviso di avere lasciato il gas dei fornelli aperto dopo qualche ora che siete lontani da casa, oppure di aver dimenticato di spegnere la stufa o di chiudere l’automobile, o ancora di aver investito qualcuno o rubato nel supermercato senza esservene accorti, di aver fatto qualcosa di orribilmente sbagliato senza sapere cosa esattamente …? Bene, se avete provato una qualunque di queste sensazioni, avrete sicuramente sperimentato anche la loro naturale conseguenza: andare a controllare che il vostro terribile dubbio non corrispondesse alla realtà! Tutti questi pensieri vengono descritti nella letteratura scientifica come pensieri intrusivi indesiderati, presenti nell’esperienza della maggior parte delle persone e ritenuti sani. Come spesso accade ciò che trasforma un normale pensiero intrusivo, per quanto bizzarro esso sia, in una ossessione patologica non sta nel contenuto del pensiero ma nell’intensità, nella ripetitività e nella pervasività che quel pensiero assume nella nostra vita quotidiana. Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) descritto nel Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM-IV) è uno dei più comuni disturbi d’ansia caratterizzato dalla presenza di:

  • Ossessioni:  pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti, che vengono vissuti come intrusivi e inappropriati e che l’individuo cerca continuamente di ignorare o sopprimere senza tuttavia riuscirvi; sono causa di intenso disagio o ansia, pur essendo riconosciuti come un prodotto della propria mente e non un dato di realtà.
  • Compulsioni: comportamenti ripetitivi (es: lavarsi le mani, riordinare, ricontrollare, ..) o azioni mentali (es: pregare, contare, ripetere parole,..) che la persona si sente obbligata a mettere in atto in risposta ad un pensiero/ossessione o a regole che devono essere messe in atto rigidamente, senza un precisa logica razionale; lo scopo di questi comportamenti è quello di ridurre il disagio percepito o di prevenire eventi o situazioni temute.

NB: Le ossesioni o le compulsioni, in condizioni patologiche, causano disagio marcato, occupano più di un’ora al giorno o comunque interferiscono significativamente con le normali abitudini della persona, con il funzionamento lavorativo, o con le attività relazionali e sociali abituali. Nonostante la gravità dei sintomi e dei vissuti personali, questo disturbo d’ansia può a oggi essere trattato grazie alla combinazione di un adeguato trattamento farmacologico e psicoterapia cognitivo-comportamentale: l’obiettivo a lungo termine sarà di migliorare le capacità di identificare le emozioni negative legate sia alle ossessioni che ai comportamenti di controllo, che ne sono diretta conseguenza. Ciò che rende le compulsioni così difficili da trattare è proprio l’assenza di un legame più consapevole con le emozioni che le hanno generate! Un altro aspetto sistematicamente ignorato da chi soffre del disturbo è il “costo” delle azioni di controllo: il tempo dedicato ad una singola azione (es: controllare il gas, le chiavi,..), per prevenire un danno seppur drammatico, non sembrerà mai  troppo se non viene sommato al tempo di tutte le altre singole azioni che vengono messe in atto per prevenire quello stesso tragico evento! Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo può colpire chiunque e a qualunque età, in presenza di particolari eventi di vita stressanti, che mettono in gioco le capacità di riconoscere e sentire le emozioni negative ad essi legate. Può avere caratteristiche lievi e tollerabili oppure molto invalidanti e portare al progressivo isolamento sociale, se non curato in tempo. L’abitudine a riconoscere le emozioni, ad esprimerle e condividerle con gli altri possono essere validi fattori protettivi, che rendono cioè meno indispensabile l’uso di comportamenti ripetitivi e inefficaci, volti a neutralizzare un pensiero o un’immagine che ci sta disturbando. Difficile eliminare un pensiero, senza conoscere il vissuto emotivo che lo ha provocato!  Camilla Marzocchi Per ulteriori dettagli clicca qui: Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC)