Trauma e corpo: Bessel Van der Kolk

“Troppo spesso né il paziente né il terapeuta

riconoscono la connessione tra il problema attuale

e la storia di un trauma cronico.”

Judith Herman (1992, p.23)

 
Di recente uscita in Italia il volume di Bessel Van der Kolk “Il corpo accusa il colpo” (Raffaello Cortina Editore, 2015), summa di tutta l’esperienza umana, clinica e di ricercatore di uno dei massimi esperti del trauma nel mondo. Il libro è una interessantissima rassegna della vita professionale di van der Kolk, che traccia l’evoluzione della cultura del trauma negli ultimi 30 anni insieme al progresso delle scoperte neuroscientifiche che ormai offrono una mappa sempre più chiara del funzionamento del cervello, del corpo e della mente di persone vittime di traumi gravi o traumatizzazione cronica
“Il corpo accusa il colpo ” è un libro per tutti, cinici, ricercatori, pazienti e lettori curiosi di approfondire questi tempi. Le storie raccontate e i riferimenti scientifici aiutano a cogliere un panorama ampio e multidisciplinare che rende il libro utile a diverse discipline: dalla psicoterapia allo yoga, dalla fenomenologia al teatro, dalle neuroscienze alla fisioterapia.
Il cuore delle considerazioni di Van der Kolk riguarda l’osservazione dei cambiamenti che il trauma produce nel sistema mente-corpo su diversi livelli di elaborazione che vanno tutti affrontati in psicoterapia e con diversi strumenti terapeutici. In particolare evidenzia l’importanza di conoscere la struttura gerarchica delle risposte difensive alla minaccia di vita e al pericolo, poiché queste risposte – che sono normali e adattive nel corso del trauma – tendono a restare attive in modo disfunzionale oltre il necessario, generando sintomi psicopatologici di allerta, ipervigilanza, numbing o dissociazione anche molto tempo dopo il trauma. Queste risposte afferiscono a strutture sottocorticali (sistema limbico e sistema “rettiliano” del tronco dell’encefalo) che regolano le emozioni in modo automatico e al di sotto del controllo consapevole e cosciente della corteccia prefrontale e delle cortecce superiori; questo significa che agiscono soprattutto sul corpo provocando reazioni fisiologiche e reazioni comportamentali coerenti con la percezione del pericolo (o meglio Neurocezione) che il sistema emotivo percepisce nell’ambiente. In pazienti traumatizzati che vivono uno stato di allerta continuo verso l’ambiente circostante e che vivono un pervasivo senso di pericolo, imprevedibilità e vulnerabilità personale, questo sistema sarà sempre attivo e sarà il primo “sistema” su cui lavorare in psicoterapia.
Solo dopo aver stabilizzato il sistema difensivo attraverso una maggiore consapevolezza e regolazione dei segnali del corpo, sarà possibile accedere all’elaborazione delle emozioni, dei vissuti, dei pensieri e infine delle memorie che condizionano le scelte e il futuro delle persone vittime di trauma. Lavorare subito e solo sul piano dei pensieri e delle interpretazioni che le persone hanno fatto delle esperienze traumatiche, può portare a sviluppare una narrazione non integrata degli eventi, che rischia cioè di essere frutto di un processo di mera razionalizzazione scollegata dal piano emotivo e dal corpo. Questo espone ad una ulteriore dissociazione all’interno della mente: una ragione in grado di raccontare i fatti, un corpo reattivo e terrorizzato che continuerà a produrre sintomi di ansia, depressivi o dissociativi legati alle risposte di allerta non incluse nel processo di  cura.
Recuperare una narrazione integrata e “incarnata” (embodied) è l’obiettivo di un lavoro terapeutico efficace sul trauma, che aiuta a recuperare risorse di resilienza e una nuova base per ripartire verso il futuro con un cervello, un corpo e una mente saldamente sintonizzate tra loro e ancorate al presente che li circonda.
Di seguito un mio articolo pubblicato su State of Mind che racconta dell’ultimo workshop del Dott. Van der Kolk a Milano (Gennaio 2016):

Trauma: il corpo accusa il colpo! – Workshop di Van Der Kolk a Milano, Gennaio 2016


 
Bibliografia:
Van der Kolk, B. (2015). Il corpo accusa il colpo. Raffaello Cortina Editore
 

Qual è il legame tra corpo ed emozioni?

Le emozioni sono un importantissimo segnale di come stiamo, di quello che ci succede e permettono agli altri di comprendere il nostro stato d’animo in una determinata situazione.

Tutte le emozioni inviano le “informazioni emotive” necessarie in due diverse direzioni: 1- una interna, riconosciamo di essere tristi quando abbiamo pensieri negativi costanti, ci sentiamo di non avere energie, né voglia di fare niente, abbiamo lo stomaco chiuso o non riusciamo a smettere di piangere, e 2- una esterna, gli altri si accorgono che siamo tristi perché ci vedono piangere, o perché abbiamo la bocca al ingiù, lo sguardo spento, la postura “afflosciata”, parliamo poco o affatto, tendiamo ad isolarci.

Tutte le emozioni, nessuna esclusa, sono segnali importanti, normali e ci guidano nel raggiungere degli scopi fondamentali per la nostra vita e per la nostra sopravvivenza.

Che succederebbe se non provassimo paura davanti ad un pericolo? O tristezza alla perdita di una persona cara? O colpa per aver arrecato un danno a qualcuno?  O rabbia di fronte ad  un’ingiustizia?

Anche le emozioni più intense e intollerabili vanno ascoltate e ci segnalano, spesso con forza, che qualcosa non va e che forse vale la pena di fermarci a capire. Spesso quando si parla di “disagio emotivo”, si rischia di confondere le emozioni, sempre legittime, comprensibili e utili, con le reazioni alle emozioni, che possono invece essere eccessive, illegittime e “sbagliate”, soprattutto se arrecano danno a noi stessi o agli altri.

La comprensione delle emozioni, della loro legittimità e dei pensieri che le accompagnano, sono spesso argomento centrale della psicoterapia e costituiscono quasi sempre la chiave di lettura per capire ed analizzare situazioni di malessere psicologico e di conflitto interpersonale. Capita spesso infatti che proprio in condizioni di difficoltà e di malessere psicologico, facciamo fatica a riconoscere le nostre emozioni , a fermare i pensieri che le accompagnano e capirne in ultimo le motivazioni che hanno contribuito a scatenarle.. proprio quando ne avremmo più necessità!

Il primo passo per avvicinarci alla comprensione delle emozioni è dunque riconoscerle su noi stessi, prima ancora di riuscire a comunicarle. Come fare??

 …Chiediamolo al corpo!

Ogni emozione si accompagna a delle sensazioni fisiche, spesso molto intense, a volte meno, che possono farci da guida nell’identificare il nostro stato interno e che spesso tuttavia non riusciamo ad identificare.

A volte può capitare di sentire improvvisamente un nodo alla gola, avere la sensazione di arrossire, tenere lo sguardo basso, provare un intenso desiderio di nascondersi, sentirsi agitati e nervosi, …. quale emozione si è attivata in questo caso?

E’ probabile che, nella comune esperienza di tutti, queste sensazioni richiamino alla mente una situazione in cui abbiamo provato un’intensa emozione di vergogna.

Proviamo con un altro esempio: in quale circostanza vi è capitato di sentirvi tesi, rigidi, sul punto di esplodere o di perdere il controllo, di sentire il viso infiammarsi improvvisamente, i muscoli delle braccia e delle gambe contrarsi, e un senso diffuso di irrequietezza e agitazione?

E’ probabile che poco prima di sentirvi così, qualcosa o qualcuno vi abbia fatto arrabbiare e perdere le staffe, per qualcosa che voi ritenevate ingiusto o contrario alle vostre aspettative.

Così come la rabbia e la vergogna, ogni emozione ha dei marker somatici, cioè delle sensazioni fisiche precise che ci segnalano l’emozione attiva in quel momento, e che spesso vengono erroneamente interpretati come veri e propri segnali di malessere fisico.

Ripensando all’esempio della rabbia: cosa succederebbe se ci trovassimo ad esperire tutte le sensazioni fisiche su citate, senza la benché minima consapevolezza di essere semplicemente arrabbiati?

Con ogni probabilità proveremo paura e incredulità per le reazioni del nostro corpo, preoccupazione che qualcosa di brutto ci stia accadendo, cercheremo di calmarci in qualche modo, respirando lentamente, facendo una passeggiata,…ma di sicuro non affronteremo quello che ci ha fatto arrabbiare: questo è un esempio di circolo vizioso che spesso colpisce le persone che vivono periodi intensi di stress o che si trovano ad affrontare un vero e proprio disturbo d’ansia (disturbo di panico, agorafobia, ansia generalizzata, ipocondria,..).

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